Tredici – stagione 3: recensione della serie TV Netflix

Recensione della stagione 3 di Tredici, il teen drama di Netflix che affronta in maniera sincera i più drammatici problemi adolescenziali.

Come si fa a odiare profondamente una serie TV, ma non riuscire a fare a meno di divorarla? Con alcune succede e solitamente esse rappresentano quasi dei guilty pleasures, qualcosa che ci piace, ma che ci vergogniamo ad apprezzare in pubblico. Con la stessa probabilità queste serie sono dei teen drama, di quelli ricolmi di segreti, scandali e problematiche (quasi) tipicamente adolescenziali. Da un paio d’anni a questa parte Tredici – serie TV Netflix che ha debuttato con la terza stagione sul servizio streaming il 23 agosto – ricopre questo ruolo.

Tredici era partito raccontando la storia di Hannah Baker (Katherine Langford), una ragazza che dopo essersi suicidata aveva lasciato delle cassette contenenti le 13 (ben appunto) motivazioni che l’avevano spinta a compiere quel folle gesto. Ogni cassetta era dedicata a un compagno di scuola, a un insegnante, a qualcuno che – nonostante gli indizi del suo stato fossero chiari – non era riuscito a cogliere la sua richiesta di aiuto o, più semplicemente, aveva scelto di agire senza considerarla, senza valutare le conseguenze delle proprie azioni.

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La seconda – noiosissima – stagione si era concentrata sul superamento del lutto da parte dell’effettivo protagonista della serie (il Clay Jensen di Dylan Minnette) e del resto dei personaggi coinvolti. L’evento protagonista in quel caso, però, era stato il processo al ragazzo che, più di tutti, aveva spinto Hannah al suicido: il suo stupratore Bryce Walker (Justin Prentice). Nonostante tutte le prove a suo carico, Bryce non subisce completamente le conseguenze dei suoi gesti (Hannah non era né la prima, né l’ultima vittima) e viene condannato alla libertà vigilata.

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Ecco perché non ci sorprende quale sia il filo conduttore della terza stagione di Tredici: qualcuno ha ucciso Bryce Walker (filo rosso reso chiaro fin dal trailer della serie), ma chi è stato?

Tredici: il teen drama Netflix arriva alla terza stagione

Dopo una prima stagione che avrebbe potuto essere auto-conclusiva e una seconda che potevano tranquillamente risparmiarci, il teen drama Netflix è giunto a una terza stagione raccogliendo i cocci di ciò che l’aveva preceduta e rimettendo insieme i pezzi di un prodotto avvincente e dal quale, ci piaccia o meno, è quasi impossibile distogliere lo sguardo. Lo show, colmo di luoghi comuni, è geneticamente creato per spingere i bottoni giusti, per stuzzicare la curiosità del suo spettatore; ciò seppure esso sia ben conscio di essere solo e solamente un prodotto adolescenziale.

Eppure, la stagione 3 della serie sovverte le aspettative e scansa per un pelo l’effetto Pretty Little Liars che si nascondeva dietro l’angolo e che tutti noi avevamo previsto di incontrare alla vista del primo trailer. Rimane il ritmo rallentato e ricolmo di piccoli colpi di scena per allungare il brodo, certo, ma rimane anche uno degli ingredienti che rendono Tredici un prodotto interessante per davvero: la sincerità.

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La serie TV l’aveva già fatto con il suicidio di Hannah Baker: non aveva temuto di mostrare il lato spaventoso della morte, di una morte come quella scelta dalla ragazza. Il suo suicidio non era glamour o rapido e indolore. La ragazza si tagliava i polsi, sanguinava, andava nel panico nella consapevolezza di non poter tornare indietro, soffriva. Chi imputava (e imputa tutt’ora) alla serie Netflix di romanticizzare il suicidio, di spingere i suoi giovani spettatori al peggio, non ha visto con lo sguardo giusto quella scena spaventosa. E non considera soprattutto un elemento fondamentale: è da idioti imputare la colpa del suicidio di un individuo alla visione di una serie TV. È come far risalire ai videogiochi la responsabilità degli school shooting americani: insensato.

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Tredici e le problematiche adolescenziali

Nella stagione 3 la serie torna ad affrontare certe problematiche con uno sguardo realissimo (paradossalmente affiancato dalle solite vite irreali dei suoi protagonisti). Osserviamo le conseguenze della brutale violenza subita dal Tyler Down di Devin Druid alla fine della seconda stagione, evento che lo segna nel profondo e permette al giovane attore di mostrarci la sua bravura, la sua sensibilità e la sua vulnerabilità (vi sfidiamo a trattenere le lacrime).

Osserviamo Chloe Rice (Anne Winters) decidere interrompere la gravidanza e liberarsi del figlio che potrebbe avere con Bryce. La vediamo soffrire, sentiamo il rumore dei ferri, dei macchinari. Siamo sopra di lei, lo sguardo fisso sul suo dolore morale e fisico, consapevoli – noi con lei – che quel tormento, seppur tremendamente necessario, non passerà mai.

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Osserviamo inermi la deportazione della famiglia di Tony Padilla (Christian Navarro) e diventiamo testimoni dell’insensatezza dell’attuale politica per l’immigrazione statunitense; quella che divide famiglie e rovina le vite di coloro che sono colpevoli solo di aver creduto nel sogno americano. La serie ci mostra altra sofferenza perché, ci dice, a volte ci sono cose più difficili da superare della morte. Ci racconta molto bene la follia di un sistema crudele, sebbene non riesca a raggiungere la drammatica asticella fissata dalla stagione 7 di Orange Is The New Black, ma dimostrando quanto Netflix tenga a ribadire ciò in cui crede.

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Osserviamo come le colpe dei genitori ricadano sui figli, come ognuno sia il prodotto di ciò che gli è stato insegnato. E il risultato è semplice: se hai conosciuto solo violenza (fisica, psicologica che sia) perpetrerai violenza.

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Il magnetismo di Tredici

Tredici rimane un guilty pleasure, un teen drama che esercita il suo appeal sulla voglia di scandalo. Potreste organizzare un drinking game dove si beve ogni volta che qualcuno pronuncia la parola “segreti”: sareste ubriachi dopo 15 minuti. Rimane una serie adolescenziale, nei modi e nei contenuti, ma continua ad attrarre a sé con la forza di un enorme magnete. È impossibile tentare di sfuggirgli. È impossibile fingere di non provare curiosità ed empatia nei confronti di quei problemi così normali e così irreali allo stesso tempo.

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Arrendetevi e divorate la serie come è giusto che sia. Calate le difese e abbandonatevi a quel piacere che vi fa sentire in colpa, del quale vi vergognate. A questo servono i Teen Drama. E Tredici ne è l’esponente supremo.

Regia - 2.5
Sceneggiatura  - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.2

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