Maid: analisi psicologica e significato del finale della serie Netflix

La serie Netflix Maid presenta protagonisti oppressi da vite e sentimenti disfunzionali, rivelando un bellissimo messaggio di resilienza.

La serie Netflix Maid parte da una storia vera per offrire una prospettiva inedita e necessaria sulla piaga degli abusi domestici, spesso resi meno riconoscibili dalla loro natura subdola, fatta di violenze che prima di trasformarsi in fisiche sono innanzitutto psicologiche ed emotive, rendendo chi le subisce confuso/a sulla legittimità della propria richiesta d’aiuto.

Nello specifico, la protagonista della serie, Alex, (interpretata da una straordinaria Margaret Qualley) vive un legame doloroso e impossibile col padre alcolista della sua piccola Maddy, Sean, (Nick Robinson), un ragazzo che ama ma che – sotto l’effetto dell’alcol-  non riesce a controllare un’aggressività repressa, destinata a trasformarsi da “semplice” abuso psicologico a rischio per l’incolumità propria e della bambina.

Quando Alex trova finalmente la forza di allontanarsi con Maddy, tenta disperatamente di raggiungere l’indipendenza sfruttando ogni possibile sussidio statale e lavorando duramente come donna delle pulizie di ville sontuose, popolate da inquilini dall’esistenza spesso vuota e triste, prendendo sempre più coscienza del fatto che la felicità è qualcosa di molto lontano dalle conquiste materiali e da quel denaro che a lei non basta per sopravvivere ma che non è in grado di garantire altro che un minimo di dignità.

Maid: il coraggio di perdere tutto per ritrovare se stessi

Maid, Cinematographe.it

I personaggi principali di Maid sono tutti accomunati dall’avere alle spalle un vissuto triste e faticoso, costellato da abusi e dipendenze che hanno a loro volta reso complicato l’instaurarsi di relazioni sane, dando vita a un circolo vizioso in cui la sofferenza rischia di essere reiterata all’infinito, se non si trova il coraggio di guardarla in faccia e leggerla fino in fondo. Un elemento che fa sì che non si creino assolute vittime e carnefici, rendendo la serie una guida ancor più preziosa per tutte quelle persone che non si sentono in diritto di denunciare un abuso, proprio perché non riescono a vedere “cattiveria” in chi sta facendo loro del male, col rischio che il senso di colpa e il giudizio superficiale di amici e parenti offuschino il loro salvifico istinto di sopravvivenza. Ma come affronta Alex tale situazione?

Alex: dal Disturbo Post Traumatico da Stress al risveglio della consapevolezza di sé

maid cinematographe.it

Le prime scene di Maid mostrano una protagonista stralunata, ai limiti dell’allucinato, muoversi goffamente e senza un apparente piano d’azione verso la riconquista della libertà e della sicurezza, mentre la burocrazia e le ingiustizie le mettono continui bastoni fra le ruote, rendendo il traguardo una vera e propria chimera. Lo stato d’animo di Alex, la cui natura non viene immediatamente esplicitata, ha a che fare con l’aver vissuto per tanto tempo con un uomo che le ha tolto ogni margine d’azione e libertà, incapace di badare a se stesso ma per contro molto solerte nel proiettare sulla compagna la propria inadeguatezza con abusi verbali e violenti lanci di oggetti, che solo per caso non l’hanno ancora raggiunta. Una consapevolezza che Alex ha solo quando ragiona su un piano istintivo ma che rischia di sfumare più volte durante la ripida e infinita salita del suo percorso, dove anche le leggi sembrano gridarle forte e chiaro che lui “non le ha fatto niente”, non essendoci evidenti ferite sul suo corpo. Solo la determinazione sopita ma mai estinta della ragazza sarà in grado di garantirle la salvezza, ma non prima di aver rischiato più volte di tornare al punto di partenza, laddove le enormi difficoltà incontrate fanno apparire un deleterio passo indietro una soluzione più semplice rispetto a un apparentemente impossibile passo avanti.

Alla fine della relazione con Sean, Alex si trova nel bel mezzo di un Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD), una condizione psicologica che rappresenta una risposta non funzionale a eventi traumatici (come gli abusi domestici). Chi ne soffre sperimenta i seguenti sintomi clinici:

Flashback: un ricordo reiterato dell’evento, che si presenta in forma intrusiva, disturbando le normali attività quotidiane del soggetto e si accompagna a sentimenti di angoscia ad esso legati.
Numbing (intorpidimento): uno stato confusionale, in cui la mente del soggetto appare come intorpidita e non pienamente consapevole di sé e del mondo circostante (una condizione ben evidente in Alex nei primi episodi della serie).
Evitamento: la tendenza a evitare tutto ciò che ricordi o sia in qualche modo legato all’esperienza traumatica (anche indirettamente o simbolicamente).
Incubi: sogni in cui il soggetto rivive l’esperienza traumatica talvolta in modo molto vivido.
Hyperarousal (iperattivazione psicofisiologica): uno stato che include insonnia, irritabilità, ansia, possibile aggressività e tensione generalizzata.
Attacchi di panico: caratterizzati da palpitazioni, sudore, pallore, tremore generale, crisi di pianto improvvise e paura intensa di imbattersi nell’oggetto della propria preoccupazione.

Sean e il disagio che si ripete: figlio alcolista di madre tossicodipendente

Sean è potenzialmente un bravo ragazzo. Conosce Alex nel bar in cui lei lavora e rimane folgorato dalla sua bellezza e sensibilità. Fra i due è colpo di fulmine, ma dopo le prime fasi di entusiasmo, si affaccia ben presto il problema di Sean, un bambino divenuto adulto insieme a una madre dipendente da farmaci, a causa della quale cade ben presto in una declinazione diversa della stessa patologia, compromettendo il suo futuro con Alex e Maddy.
I tratti di personalità di Sean, potenziati dall’effetto dell’alcol, sono accomunabili a quelli dei manipolatori narcisisti, caratterizzati da aggressività (innanzitutto verbale), tendenza a criticare e sminuire la vittima – stimolando continui sensi di colpa e senso costante di inadeguatezza – mania del controllo e vittimismo utilizzato al fine di riagganciare l’oggetto del proprio desiderio. Un punto, quest’ultimo, evidente in Maid ad esempio quando Sean, in occasione della festa di compleanno della figlioletta, e dopo innumerevoli promesse di rimanere sobrio, fa perdere ad Alex l’appartamento in cui vive ubriacandosi e danneggiando alcuni arredi. Quando Alex lo spinge ad andarsene davanti alla padrona di casa esterrefatta per l’accaduto, il ragazzo accusa la ex compagna di essere la causa di quel disastro, essendo stato lasciato dall’attuale conquista perché impossibilitato a portare a termine un rapporto sessuale, essendo ancora innamorato di lei. Un problema che pare risolversi magicamente quando Alex, un po’ di tempo dopo, ci ricasca tornando a casa e subendo – oltre al costante stato d’ebrezza del compagno – i suoi tradimenti alla luce del sole, nel loro stesso appartamento.

Maid: una madre da accudire e la follia come causa/effetto del trauma

Made, Cinematographe.it

La madre di Alex, Paula, (interpretata da sua madre anche nella realtà, l’eccezionale Andie MacDowell) sembra vivere in un mondo tutto suo, fatto di complesse teorie esoteriche e improbabili connessioni cosmiche. Ma dietro le sue crisi maniaco-depressive si nasconde un vissuto di abusi, che include quello subìto dal padre di Alex, Hank (Billy Burke), un ex alcolista che dopo aver portato la fragile Paula all’apice del suo disagio mentale fa sì che lei scappi di casa, trascinando la piccola Alex in Alaska. Complice la condizione mentale della donna, Alex crescerà credendo che quella fuga sia stata dovuta all’ennesima infatuazione della madre, che ha sempre medicato le ferite saltando da una relazione all’altra. Ma la verità è ben altra e la giovane imparerà a conoscere le conseguenze di un dolore non elaborato.

Paula è un’artista creativa ma è affetta da un grave disturbo bipolare che le fa alternare fasi di entusiasmo e felicità incontrollata a fragorosi crolli nervosi. Nella fase maniacale di possono osservare:

Autostima ipertrofica o grandiosità;
Diminuito bisogno di sonno;
Maggiore loquacità del solito, continuo istinto a parlare;
Rapida e confusionaria successione dei pensieri, tanto da rendere il discorso incoerente e/o disorganizzato;
Distraibilità: l’attenzione è facilmente deviata da stimoli esterni non pertinenti e non riesce ad essere richiamata su altro;
Aumento dell’attività finalizzata (sociale, lavorativa, scolastica o sessuale) o agitazione psicomotoria;
Coinvolgimento in attività ludiche che hanno un alto potenziale di danno (per es., eccessi nel comprare, comportamento sessuale sconveniente, avventati investimenti in affari).

Per contro, durante la fase depressiva sono osservabili:

Umore depresso.
Marcata diminuzione di interesse o piacere (anedonia) per tutte, o quasi tutte, le attività quotidiane.
Significativa perdita di peso.
Insonnia o ipersonnia.
Agitazione o rallentamento psicomotorio.
Faticabilità o mancanza di energia.
Sentimenti di autosvalutazione e di colpa eccessivi o inappropriati, fino al delirio.
Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione.
Pensieri ricorrenti di morte e ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico.

Nel rapporto con la figlia, Paula non riesce quindi a mantenere una coerenza affettiva, essendo completamente assorbita dalle sue altalene emotive, passando da eccessive manifestazioni d’affetto e disponibilità a bruschi rifiuti e allontanamenti, mettendo Alex nella condizione di non poter fare il minimo affidamento su di lei ma, anzi, di doverla accudire come una bambina.

Maid: un finale all’insegna della resilienza e del tornare a “brillare”

Un'immagine di Maid

Il finale di Maid vede Alex imparare una lezione fondamentale e affatto intuitiva o scontata: a volte per salvare se stessi bisogna lasciare indietro chi si ama, in un’ottica in cui il senso di colpa viene sostituito col concetto ben più funzionale di responsabilità, che per sua stessa definizione può essere solo personale. Alex capisce quindi che non può sacrificare se stessa né per proteggere una madre che non vuole affatto veder limitata la propria folle libertà, né per amare un uomo malato, che non è in grado di amare né lei né loro figlia. Un’illuminazione che, fortunatamente, nel finale colpisce anche i co-protagonisti, compreso Sean il quale – dopo aver fatto il possibile per ostacolare l’indipendenza della sua ex compagna – le permette di lasciare la città insieme a Maddy per recarsi al college, riprendendo la sua vita là dove l’aveva lasciata per seguire lui, che ora deve innanzitutto pensare a rimettersi in sesto, prima di poter essere un compagno o un papà.

Il momento in cui Alex e Sean si lasciano è carico di pathos per l’affetto che lo spettatore ha maturato anche nei confronti dell’uomo, vittima – come tutti gli altri protagonisti – di una vita ingiusta.  Alex ha accumulato i soldi necessari alla partenza lavorando duramente e porta fra i capelli i postumi del suo ultimo lavoro, una pioggia di brillantini rimediati pulendo un locale pieno di giochi per bambini. Sean è stravolto dal delirium tremens (DTS), essendosi forzato a rimanere sobrio per passare la giornata con Maddy (finita in modo disastroso, fra la sua perdita di controllo e le lacrime della bambina) e non sa se quelli che vede brillare fra i capelli di Alex sono brillantini o un’allucinazione dovuta al suo stato. La risposta decisa e lapidaria di Alex al suo dubbio racchiude il senso profondo del finale di Maid, con Alex che annuncia, su un piano più metaforico che reale:

Sono io a brillare.

A riprova del fatto che nessuno può più fermare la sua risalita, essendo ormai una donna nuova, a stento riconoscibile agli occhi di chi – volontariamente o no – l’aveva ridotta al fantasma di se stessa.

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