LFF16: Ballad in Blood – recensione del film di Ruggero Deodato

Dopo un silenzio cinematografico durato 23 lunghi anni, Ruggero Deodato ritorna al grande schermo con Ballad in Blood, presentato in anteprima mondiale al Lucca Film Festival 2016. Ispirandosi ad alcuni eventi di cronaca nera come l’omicidio di Meredith Kercher e riprendendo elementi tipici del suo cinema come la tecnica del found footage (pilastro della narrazione del suo capolavoro Cannibal Holocaust), il regista italiano imbastisce una storia violenta e morbosa, fatta di droga, sesso e sangue e radicata all’interno di un mondo universitario mai così torbido e oscuro, affidandosi a un attore con una buona esperienza alle spalle come Gabriele Rossi e a debuttanti assoluti nel mondo del cinema come Carlotta Morelli, Noemi Smorra ed Edward Williams. A dare un valore aggiunto in più a Ballad in Blood sono inoltre le ottime musiche di Claudio Simonetti, fondatore dei Goblin e compositore di indimenticabili colonne sonore come quelle di Profondo Rosso e Suspiria.

Ballad in Blood

Ballad in Blood: il grande ritorno di un maestro del cinema di genere italiano

Dopo una notte di Halloween all’insegna di eccessi, alcool, droga e festini a luci rosse, la studentessa ceca Lenka (Carlotta Morelli), in Italia per il progetto Erasmus, il fidanzato Jacopo (Gabriele Rossi) e l’amico di colore Duke (Edward Williams), trovano il cadavere dell’inglese Elizabeth (Noemi Smorra), che si trovava a sua volta in Italia per motivi di studio. I tre non si ricordano nulla dell’accaduto, per cui cercano di capire di più attraverso i filmati girati da Elizabeth, che era solita immortalare la sua vacanza studio in Italia con dei video ripresi con il proprio telefono. I superstiti cominciano così a scaricarsi a vicenda le colpe e ad accusarsi reciprocamente dell’omicidio, in un crescendo di tensione, follia e orrore.

Ballad in Blood

Con Ballad in Blood, Ruggero Deodato riesce nell’impresa di rievocare le atmosfere tipiche del suo cinema, senza mai scadere nell’autoparodia o nel grottesco e dimostrando che in Italia è ancora possibile fare film di genere, nonostante la pellicola sia stata girata in lingua inglese per favorirne la diffusione all’estero. Monsieur Cannibal mette in scena un film fresco e mai banale, che punta forte sulle atmosfere malsane e su un gruppo di personaggi tutti sopra le righe, ben caratterizzati da un cast relativamente inesperto ma decisamente funzionale al racconto. A tal proposito, a rimanere impresso maggiormente è certamente il sorprendente debutto di Carlotta Morelli, che con i suoi sguardi diabolici e ammaliatori dipinge un personaggio destabilizzante e al tempo stesso affascinante, vero e proprio motore della vicenda. Nonostante qualche lungaggine di troppo e la forzatura di alcuni passaggi, la trama regge bene per tutta la sua durata, intrigando lo spettatore in una sorta di giallo dalle tinte orrorifiche in cui gli stessi sospettati indagano su un omicidio appena avvenuto avvalendosi solo dei filmati girati dalle vittima e dei loro vaghi ricordi annebbiati dall’alcool e dalla droga. Il quadro del mondo studentesco e dell’ambiente circostante rappresentato dal regista è cinico, inquietante e decisamente eccessivo: non vediamo un solo personaggio che non trasudi immoralità e squilibrio, con alcuni che sembrano provenire direttamente da un incubo o da una visione onirica, come quello impersonato dall’ottimo Ernesto MahieuxRuggero Deodato utilizza nudo, violenza e sangue con una frequenza a cui il cinema odierno ci ha disabituato, scuotendo continuamente lo spettatore con scene a volte fini a se stesse ma dal sicuro impatto visivo ed emotivo, come quella in cui un personaggio lecca morbosamente e amorevolmente il sangue di un altro appena deceduto. Anche se lo svolgimento della storia è decisamente prevedibile per gli spettatori più attenti e allenati, la crescente tensione e i ribaltamenti di fronte nei rapporti fra i personaggi assicurano un forte coinvolgimento dello spettatore fino alle battute finali della pellicola, lasciandolo a un finale decisamente azzeccato, che con il suo surrealismo e simbolismo ricorda quello di un cult di un altro maestro del cinema di genere italiano: …E tu vivrai nel terrore! L’aldilà di Lucio Fulci. Ad accompagnare i momenti migliori di Ballad in Blood sono le strepitose musiche di un ispiratissimo Claudio Simonetti, che aggiunge così un altro tassello a una carriera costellata di musiche indimenticabili per gli amanti del cinema di genere e non solo.

Ballad in Blood

Alla soglia dei 77 anni e dopo un silenzio cinematografico che sembrava avere messo la pietra tombale su una carriera di altissimo livello, Ruggero Deodato stupisce tutti, dimostrando la vitalità del suo cinema, mandando a scuola molti registi che potrebbero essere suoi nipoti e concedendosi anche il lusso di un cameo nei panni del Professor Roth, chiaro omaggio al regista Eli, che a sua volta aveva manifestato il suo debito di riconoscenza nei confronti del regista italiano nel suo The Green Inferno. Al termine della proiezione di Ballad in Blood, i fortunati spettatori del Cinema Centrale di Lucca hanno inoltre potuto godere di una chiacchierata con il cast tecnico e artistico, dominata da un Ruggero Deodato in grande spolvero, che fra battute sulla sua carriera e amare considerazioni sulle difficoltà di produrre pellicole di questo tipo in Italia ha deliziato la platea con divertenti aneddoti sulla lavorazione del film, rivendicando l’artigianalità e la grande passione dietro a questo progetto.

Salutiamo il ritorno di un regista adorato all’estero e ingiustamente sottovalutato in Italia, che dimostra di sapere ancora regalare momenti di buon cinema e che con questo suo ultimo lavoro farà sicuramente la gioia degli appassionati.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 4
Emozione - 3.5

3.4