Stranger Things 5, i Duffer frenano l’ansia dei fan: “Non è Game of Thrones”
Abbiamo bisogno di dramma, ma senza esagerare.
La quinta stagione di Stranger Things è arrivata con l’aria di chi non promette carezze. I trailer hanno fatto il loro dovere, diffondendo il sospetto che a Hawkins fosse in arrivo una vera e propria falciatura emotiva. E in effetti, il Volume 1 apre con colpi pesanti: personaggi trascinati nell’Altro Lato, tra cui i genitori di Nancy e Mike, ricoverati e in bilico. Un avvio che ti fa pensare subito al peggio, come quando una storia sembra prepararti a mollare la presa su alcuni volti familiari.
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Eppure, i fratelli Duffer ci tengono a mettere un cuscino sotto la caduta emotiva dei fan. Il dramma è necessario, certo, ma non si sta trasformando tutto in un gioco al massacro. Ross Duffer, parlando con Screen Rant, ha spiegato che il Volume 1 doveva toccare un punto molto basso, soprattutto per far emergere la svolta legata ai poteri di Will. Il rapimento dei bambini da parte di Vecna rappresenta quel fondo da cui la narrazione vuole poi risalire. È la vecchia regola del racconto: far tremare la sedia, ma non rovesciarla del tutto.
La domanda serpeggia comunque: quanto saranno crudeli gli autori stavolta? Matt Duffer lo dice con calma ma senza troppi giri di parole. “Questa serie non è Game of Thrones”. Niente Nozze Rosse, niente mattatoi emotivi programmati solo per far parlare il pubblico. Le morti, come sempre, ci saranno — è nella natura stessa di Stranger Things — ma non diventeranno una firma sensazionalistica.
L’effetto finale è una promessa a metà tra l’affetto per i personaggi e l’onestà narrativa. I Duffer vogliono colpire, sì, ma senza trasformare l’ultima stagione in un elenco di caduti sul campo. E in fondo, è proprio questo tocco non troppo moderno, più legato al dramma che all’esagerazione, a mantenere vivo il cuore della serie.
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