Playdate: recensione del film Prime Video con Alan Ritchson e Kevin James

Playdate non è un brutto film: è un film che non osa.

Disponibile su Prime Video dal 12 novembre 2025, Playdate segna il ritorno alla regia di Luke Greenfield, autore che negli anni ha fatto della commedia leggera un territorio di comfort. Con un cast che unisce Alan Ritchson, reduce dal successo di Reacher, e Kevin James, simbolo dell’uomo comune goffo e benintenzionato, il film tenta di mescolare azione e comicità familiare. Il risultato, però, è una corsa disordinata tra buone intenzioni e cliché stanchi.

Playdate recensione Cinematographe.it

La storia si apre su Brian (Kevin James), ex contabile forense rimasto senza lavoro, ora costretto a reinventarsi come padre a tempo pieno del piccolo Lucas (Benjamin Pajak). Mentre la moglie — interpretata con ironia e misura da Sarah Chalke — torna in ufficio, Brian si ritrova solo con le sue insicurezze e il senso di inadeguatezza che accompagna ogni suo gesto.
Al parco incontra Jeff (Alan Ritchson), padre atletico, carismatico e apparentemente perfetto. L’incontro tra i due uomini dà vita a un’improbabile amicizia, sigillata da un invito innocente: una “playdate”, un pomeriggio tra bambini e genitori. Ma la giornata prende presto una piega imprevedibile quando emergono i segreti di Jeff, braccato da spietati assassini. Da lì, la commedia domestica si trasforma in un caos d’azione e inseguimenti, in cui il povero Brian si ritrova coinvolto suo malgrado.

Luke Greenfield e il paradosso della leggerezza in Playdate

Con Playdate, Greenfield sembra voler recuperare il tono spensierato delle sue prime regie (The Girl Next Door, Let’s Be Cops), ma senza l’energia o la freschezza che un tempo sostenevano i suoi film.
Il risultato è una commedia che scivola spesso nella prevedibilità, tra citazioni ormai consunte — da Reservoir Dogs a Jurassic Park — e una costruzione narrativa che pare uscita dagli anni ’90, nel bene e nel male. Eppure, tra gag telefonate e ritmo incostante, emerge una malinconia di fondo: quella di due uomini incapaci di trovare il proprio posto nel mondo, in un contesto che pretende eroi anche nelle situazioni più ordinarie.

Kevin James e Alan Ritchson: l’improbabile coppia che salva il film

La vera forza di Playdate sta nella chimica tra i protagonisti.
Kevin James recupera la sua comicità più sincera, fatta di esitazioni, sguardi e piccoli fallimenti quotidiani. Alan Ritchson, invece, sorprende per la sua capacità di unire fisicità e ironia, dimostrando di saper ridere di sé senza perdere credibilità.
Attorno a loro si muove un cast corale ben assortito: Isla Fisher si diverte nei panni di una madre grintosa, Stephen Root e Alan Tudyk regalano qualche momento di follia, mentre Paul Walter Hauser compare in un cameo volutamente grottesca

Playdate: valutazione e conclusione

Playdate non è un brutto film: è un film che non osa.
Scorre via con la leggerezza di un pomeriggio distratto, di quelli in cui si guarda qualcosa su Prime Video senza troppa attenzione. È la classica “commedia da sottofondo”, che intrattiene senza mai davvero sorprendere.
Eppure, in mezzo al rumore, resta un piccolo messaggio sincero: la vulnerabilità maschile, l’amicizia tra padri, e la consapevolezza che crescere — figli o se stessi — è un compito caotico, goffo e, a suo modo, eroico. Alla fine Playdate non lascia il segno, ma neppure un cattivo ricordo. È un film che si accontenta di intrattenere, consapevole dei propri limiti, ma capace a tratti di un’inaspettata tenerezza. Nella goffaggine dei suoi protagonisti c’è qualcosa di autentico, quasi poetico: l’idea che anche un pomeriggio qualunque, tra caos e risate, possa diventare un piccolo atto d’amore verso la vita imperfetta che abitiamo.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.7