Per un figlio: recensione del film di Suranga D. Katugampala

Le conseguenze di una guerra di separazione in cui sono vittime anche coloro che sembrano rimasti apparentemente incolumi, uno Sri Lanka dal quale sfuggire per non subire i dolori di un conflitto che riporta nei luoghi dove si decide di ricominciare un vuoto che sembra impossibile da colmare: Per un figlio è l’opera del giovane autore Suranga D. Katugampala, l’incomunicabilità tra una madre e il proprio figlio che vede alle spalle un passato di lontananza al quale sembra non si possa rimediare.

Badante per un’anziana signora che comporta continue e faticose cure, Sunita (Kaushalya Fernando) con il suo funzionale motorino fa avanti e indietro tra un lavoro che richiede continuamente le sue attenzioni ed un figlio (Julian Wijesekara) con il quale non riesce a trovare nessun punto di contatto. Un ragazzo che vive con sufficienza i sacrifici della propria madre, trascorrendo interi giorni in compagnia di giovani della sua età violenti ed estranei a qualsiasi comune forma di rispetto. Un rapporto che sembra con il tempo dividere sempre più madre e figlio, l’estraneità di chi per molti anni non ha avuto la possibilità di conoscersi e si è ritrovato poi insieme a convivere sotto lo stesso tetto.

Per un figlio: un’opera sull’incomunicabilità artisticamente inconsistente

per un figlio

Un muro invalicabile fatto di mancanze represse e di un amore che tenta invano di ricreare un’unione. Per un figlio, dell’esordiente sul grande schermo Suranga D. Katugampala è il tentativo inefficace di scavare nel legame con le proprie radici un tema intimo della terra dal quale proviene e che affligge tristemente molte delle persone appartenenti alla sua comunità.

Storia di una madre che difficilmente e senza alcun successo si impegna invano per costruire qualcosa che fin dalle sue fondamenta mostra segni di irrecuperabile aridità, la protagonista Sunita e il suo troppo debole carattere possono nulla a confronto con l’irascibile indifferenza del proprio figlio adolescente che, seppur bisognoso di un affetto del quale sente di essere stato privato all’epoca dell’infanzia, continua a condurre arrogantemente la sua vita senza ricongiungere il proprio spirito con il genitore.

Un film che centra il suo obiettivo trasmettendo chiaramente l’impossibilità di comunicazione tra i due componenti principali, ma che non riesce ad offrire nulla in più rispetto al suo messaggio centrale. Se l’argomento viene infatti esposto con efficacia, meno riuscito è il contorno di un’opera artisticamente inconsistente, dove una messa in scena amatoriale, un montaggio inesperto e poco curato e una regia che non accenna a svolte originali compongono un insieme spento e letale per l’esito complessivo.

Per un figlio: una madre attrice ed un figlio dilettante

per un figlio

Il giovane Julian Wijiesekara è al suo primo lavoro cinematografico e si vede, un’interpretazione priva di intensità ed assente di vero talento per la recitazione che traspare dal suo atteggiamento nello spazio e da quelle poche battute che gli vengono riservate dalla sceneggiatura. Un figlio in contrasto con la propria madre per sentimenti e per abilità, differenze con l’attrice Kaushalya Fernando che si colgono sia nel racconto sia nel modo di rappresentare le emozioni, un lavoro che si rivela professionale per la donna e dilettantesco per il ragazzo.

Co-sceneggiato dallo stesso Suranga D. Katugampala assieme a Aravinda Wanninayake Per un figlio si avvale della nitida e grigia fotografia di Channa Deshapriya (Sulanga Enu Pinisa, Chatrak, The Singing Pond) che illumina infelicemente i personaggi nel loro trovarsi su binari paralleli e, con il procedere del loro percorso, sempre più contrastanti, entrambi alla ricerca di un punto di congiunzione introvabile, come in questo caso quello tra pubblico e opera.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.9