The Autopsy of Jane Doe: prequel, sequel o spin-off?

Se avete visto Autopsy (trailer italiano e recensione), il film del regista danese André Øvredal uscito in Italia l’8 marzo – titolo originale The Autopsy of Jane Doe – sarete di certo rimasti sorpresi dalla precisione con la quale tutti gli elementi si intersecano tra le espressività degli attori protagonisti, gli anfratti della trama e gli innumerevoli punti di domanda che questa trascina via con sé, lasciandoli sospesi sull’orlo del finale.

Premesso che un film come The Autopsy of Jane Doe è perfetto così com’è e forse proprio perché lascia incompiuti diversi passaggi, non possiamo negare che usciti dalla sala cinematografica ci lasciamo volentieri ingoiare da un vortice di curiosità crescente che ci spinge a chiederci se tra i programmi futuri di André Øvredal ci siano altri film legati a questo horror. E in quel caso di cosa potrebbe trattarsi per non devastare un gioiellino così ben riuscito? Le possibilità le conosciamo bene: prequel, sequel, spin-off, ma cosa potrebbe soddisfare la nostra atavica voglia di conoscenza e risultare meno scontato?

Prima di perderci in immaginifiche supposizioni è il caso di parlare delle domande che ci ha lasciato la visione di The Autopsy of Jane Doe.

Ripercorriamo dunque la trama. Siamo in Virginia, negli USA, e lo sceriffo Sheldon Burke (Michael McElhatton) sta portando avanti le indagini dell’ultimo caso: due coniugi trovati morti in casa; i corpi in condizioni pietose e poi, nel seminterrato, il corpo di una giovane donna apparentemente perfetto e non identificato, motivo per cui le viene dato il nome Jane Doe (è il corrispettivo americano del nostro Mario Rossi. Viene usato nell’ambiente giuridico americano per indicare una donna di identità ignota).

ALLERTA SPOILER!

Chi è Jane Doe e perché è morta?

the autopsy of jane doe

Questa è la prima domanda che porta lo sceriffo a consegnare il corpo della donna (interpretata da Olwen Kelly) al medico legale Tommy Tilden (Brian Cox), il quale gestisce insieme al figlio Austin (Emile Hirsch) l’obitorio-crematorio esistente da generazioni e ubicato esattamente sotto la loro abitazione.
Dentro le celle una serie di cadaveri morti in maniera violenta, ma le cui cause del decesso sono tutte state risolte, quale sarà quella che ha portato alla morte Jane Doe?

I due iniziano a sezionare il cadavere e notano, oltre agli occhi grigi e che già di suo suscitano inquietudine, la lingua mozzata, i polsi e le caviglie fratturate. Sotto le unghie e tra i capelli trovano della torba, ma ciò che li sconcerta di più è quanto trovano all’interno: organi bruciati, pieni di cicatrici e nell’intestino una misteriosa pergamena con la quale è avvolto un dente della ragazza. La vita è troppo stretta, segno che ha indossato un corsetto (ma non sono passati di moda 200 anni fa?).

Ciò che accade durante l’autopsia li conduce a pensare che quella donna sia vissuta nel XVII secolo nel New England e che si tratti di una strega, o meglio: un’innocente torturata perché accusata di stregoneria. Secondo Tommy Tilden il rito, eseguito su un’innocente, ha sortito l’effetto contrario e la sua vendetta consiste nel far provare loro tutta la sofferenza subita.

Una situazione paranormale

Sono tanti i campanelli d’allarme che ci lasciano intuire gradualmente, ma fin da subito, che il corpo di Jane Doe nasconde qualcosa di terribile. In primis la radio: la stessa musica si attiva nel momento in cui i due vanno avanti con l’esame del suo corpo e sempre dalla radio provengono informazioni fuorvianti. Mentre ascoltiamo che sta per sopraggiungere una terribile tempesta all’inizio dell’autopsia, solo alla fine – quando la strage è ormai conclusa – la radio annuncia un altro giorno di sole (il quarto per l’appunto!) segno che la sera prima non è accaduto nulla a livello meteorologico.

Poi, mentre padre e figlio sono intrappolati in casa poiché l’ascensore non funziona a causa della mancanza di energia elettrica e l’uscita principale è bloccata dalla presunta caduta di un albero, arriva Emma (Ophelia Lovibond), la fidanzata di Austin, che però rimane uccisa perché scambiata per lo “zombie” dell’uomo sfigurato. In ogni caso la sua presenza nella casa dimostra l’accessibilità nella stessa.

Altro punto di domanda colossale si esaudisce alla fine del film: nelle foto che ritraggono Jane Doe la donna ha gli occhi chiusi, mentre sappiamo bene che quando i due medici legali l’hanno fotografata erano aperti.

Infine, quando lo sceriffo sopraggiunge nella casa e trova tre nuovi cadaveri e il corpo intatto di Jane Doe, percepisce fin da subito che qualcosa non quadra e ordina ai suoi di portare il cadavere fuori dalla propria contea. “Se ne occuperanno all’università”, dice, e mentre la macchina che trasporta la donna si allontana sentiamo la campanella legata alla caviglia tintinnare e ciò testimonia quanto anticipato durante il film: è viva!

Ma adesso passiamo alle cose serie. Cosa potrebbe scaturire da The Autopsy of Jane Doe? Un prequel, un sequel o uno spin-off?

Obiettivamente fare un sequel rappresenterebbe – a nostro modestissimo parere – un suicidio sicuro, a meno che André Øvredal o chi per lui non abbiano qualche asso nella manica talmente clamoroso da farci ricredere.

Sappiamo per certo che Joe Doe è una strega, che non muore e vuole vendicarsi, che è capace di far vedere cose mai esistite e uccidere pur rimanendo immobile. Sappiamo inoltre che sottoporla a un’ulteriore autopsia condurrebbe i malcapitati a fare l’analoga fine dei Tilden. Insomma, cosa potrebbe accadere in un sequel di tanto clamoroso da stupire gli spettatori? Potrebbe alzarsi, sì, terrorizzare una fetta più estesa di pubblico e magari dimostrarsi fino in fondo per quella che è, ma nessuna soddisfazione sortirebbe da un film del genere.

E se facessero un prequel?

Sarebbe invece interessante tornare alle origini, ovvero chiedersi: chi è Jane Doe e cosa l’ha portata lì? Cosa le hanno davvero fatto? È vero che il rischio di fare un film molto simile ad altri già esistenti e ambientati nel XVII secolo è davvero alto anche in questo caso, ma potrebbe non esserlo se, ad esempio, il regista decidesse di soffermarsi a metà del suo percorso, quindi parlare di chi era prima e di cosa l’ha condotta nella prima casa in cui la vediamo. Qual è stata la loro colpa?

Il vecchio Tilden dice una frase nella seconda parte di Autopsy: “nessuno si è mai spinto così a fondo come noi […] ha qualcosa da nascondere e sta cercando di preservarlo”.

Cosa ha da nascondere? A quanto pare l’essere una strega non è l’unica cosa che dovremmo sapere, evidentemente c’è dell’altro e se una disgrazia si avvera man mano che i due uomini eseguono le indagini vuol dire che si nasconde dentro il suo corpo, non altrove. Tommy Tilden dice a denti stretti anche un’altra frase: “Questa è la sua vendetta e non si fermerà finché…” ma purtroppo la sua profezia si interrompe con l’arrivo dello “zombie”. Lo vediamo sussurrarle qualcosa, ma se anche il figlio muore significa che non ci ha azzeccato (?!).

Altra ipotesi succulenta è quella di estrapolare, da Autopsy, uno spin-off avente come protagonista uno dei cadaveri che ritornano in vita grazie a Jane Doe.

Il primo che ci balza in mente è senza dubbio l’uomo sfigurato. La sua morte è violenta come quella degli altri defunti, ma l’attenzione si concentra su di lui fin dall’inizio del film. Quando Emma arriva all’obitorio, curiosa di vedere il lavoro del fidanzato, riesce a convincerlo a mostrarle uno dei corpi dentro le celle e sceglie proprio di vedere l’uomo dal volto sfigurato.

Come se non bastasse, Tommy Tilden la prende in giro facendo suonare il campanello legato alla caviglia dell’uomo. Non è un caso, forse, se tra tutti i cadaveri portati in vita dalla forza di Jane Doe questo sia l’unico a perseguitarli.

Insomma uno spin-off sul suo personaggio potrebbe essere azzeccato, non trovate?

Detto questo, nulla è stato ancora annunciato, ma e domande persistono e ci farebbe davvero tanto piacere saperne di più su Jane Doe, così come ci farebbe piacere vedere all’azione Olwen Kelly che, se da “cadavere” è così bella ed espressiva, sarà sicuramente bravissima da “viva”.
D’altro canto, se nessuna delle nostre ipotesi dovesse realizzarsi ne saremo ugualmente contenti, convinti che in certe cose è meglio forse soffermarsi alla superficie, visto come finiscono certe velleità di andare a fondo…