Spiriti nelle tenebre: la storia vera dietro la finzione cinematografica

Spiriti nelle tenebre, diretto da Stephen Hopkins nel 1996, è uno dei più belli ed avvincenti avventure movies degli anni novanta e, per quanto possa sembrare incredibile, è ispirato ad un vero episodio, svoltosi nel 1898 in Kenya. A conti fatti parlarne significa fare un salto in un altro mondo, un’altra dimensione, non solo in un’altra epoca; significa ritornare al tempo in cui le fiere erano ancora capaci di portare un terrore atavico anche nel più coraggioso degli uomini.

Il film è tratto da Mangiatori di uomini dello Tzavo, libro scritto dall’uomo che mise fine alla lunga striscia di sangue che aveva bloccato a lungo i lavori per la costruzione del ponte sul fiume Tzavo in Kenya: John Henry Patterson, ex tenente colonnello dell’esercito inglese che era stato assunto dalla Compagnia Britannica dell’Africa Orientale in qualità di ingegnere capo.

Nel film di Hopkins il suo ruolo è ricoperto da un Val Kilmer all’apice della popolarità, semplicemente perfetto nel donarci l’immagine di un uomo borghese, mite e intelligente alle prese con un vero e proprio incubo a quattro zampe, anzi ad otto: due maschi di leone nomadi che, stando ai rapporti ufficiali dell’epoca, resero praticamente impossibili i lavori con i loro continui attacchi mortali, che costarono la vita a circa 135 operai. Benché alla fine la cifra ufficiale sia stata ridotta negli anni a poco più di 40, il numero rimane enorme, soprattutto perché sia Patterson che i suoi aiutanti, oltre che a presidiare il perimetro armi alla mano, sistemavano giornalmente trappole e costruivano bomas, le recinzioni Masai antileone.

Dal marzo del 1898 al dicembre dello stesso anno, i lavori furono sotto l’assedio di questi due maschi, che sembravano spinti da una furia omicida talmente sconsiderata ed assurda da sembrare soprannaturale, tanto che gli operai cominciarono a credere che i due leoni fossero spiriti di stregoni morti, adirati con l’uomo bianco e la sua presunzione: due Spiriti nelle tenebre appunto.

Patterson arrivò ad arruolare cacciatori Masai per stanare le due belve, ma pure questo non servì, come non servirono tagliole, esche avvelenate, trappole di vario genere. A vincere i due maschi di leone fu la pazienza del cacciatore, di cui Patterson si munì per mesi e mesi, fino a quando il 9 dicembre 1898 riuscì ad abbattere il primo leone. Il secondo invece la vigilia di Capodanno, esattamente tre settimane dopo.

In Spiriti nelle tenebre, una grossa mano a Patterson arriva dall’arcigno ed esperto cacciatore americano Remington (un grandissimo Micheal Douglas), che in breve tempo diviene mentore, amico e confidente del giovane ingegnere e che morirà ucciso dall’ultimo leone. Nella realtà invece Patterson dovette sbrigarsela da solo, e del resto dato il suo carattere orgoglioso e il suo passato (era un ex colonnello della Legione Ebraica inglese) si guardò bene dal chiedere aiuto. La cosa sicuramente costò la vita a non pochi operai africani…ma del resto per i bianchi le loro vite valevano poco.

Spiriti nelle tenebre fu girato quasi completamente in SudAfrica, con un cast che comprendeva John Kani (visto in Captain America: Civil War), Tom Wilkinson, Om Puri, Bernard Hill e Brian McCardie.

I leoni utilizzati nelle scene erano degli splendidi esemplari provenienti da zoo francesi, statunitensi e dalla riserva dell’Ontario. Nella realtà però i due leoni colpevoli di tanta morte e tanto orrore avevano un particolare di cui ancora oggi ben pochi sono a conoscenza: erano senza criniera. Il che, a ben pensarci, fa diminuire e non poco il loro aspetto fiero e predatorio, la loro essenza quasi sovrannaturale, ma fornisce un’ulteriore spiegazione al mistero che li circonda.

La mancanza di criniera, infatti, li avrebbe privati della possibilità di conquistare un branco, relegandoli ad un’esistenza nomade che ne avrebbe comportato l’aumento di pericolosità in modo sensazionale, dal momento che raramente i maschi di leoni cacciano, lasciando questo compito alle femmine. Ridotti a fare i nomadi, i due maschi si sarebbero così trovati a contatto sempre più stretto con gli uomini, predandone le greggi di bovini ed ovini.

L’epidemia di peste bovina che colpì l’Africa della fine del secolo però, li costrinse a “variare la dieta” per così dire, dal momento che oltre a bufali, zebre e gazzelle, anche il bestiame dei coloni e degli indigeni fu drasticamente ridotto in numero. Una delle conseguenze della peste bovina di lì a poco fu la fame, la carestia e il sopraggiungere di un’epidemia di vaiolo che mieterono moltissime vittime tra la popolazione.

Fu allora, con ogni probabilità, che i due cominciarono a familiarizzare con la carne umana in modo sempre più massiccio; il tutto senza contare i numerosissimi schiavi che finivano tra le loro fauci mentre affrontavano  le marce della morte sotto il giogo dei mercanti arabi.

Una cosa però è certa:i due maschi uccidevano anche se non spinti dalla fame, quasi per gioco…o per sadismo. E se Spiriti nelle tenebre si prende numerose libertà per ciò che riguarda gli eventi storici reali, rimane invece un film di grande interesse e straordinaria fattura nel donarci una visione di quale ha dovuto essere l’impatto che belve con questa comportamento, per molti secoli, devono aver avuto tra gli uomini: quello di esseri quasi soprannaturali, mostruosi, letali e implacabili eppure forse per questo affascinanti e seducenti. Chi infatti meglio dell’uomo sa apprezzare il talento nell’uccidere sconsideratamente?