Necropolis – La città dei morti: spiegazione del finale del film horror di John Erick Dowdle

Qual è il significato del finale di Necropolis – La città dei morti? L’horror thriller diretto da John Erick Dowdle (qui la recensione) cerca di portare un tocco di vivacità nel panorama dei film di genere, amalgamando il terrore a nozioni esoteriche e intrecciando il tutto con una nota avventuristica essenziale quanto labile.

Il film, uscito nelle sale nel 2014, vede protagonista una giovane archeologa, Scarlett Marlowe (interpretata da Perdita Weeks), alla ricerca della famigerata pietra filosofale creata da Nicolas Flamel. Questa fissazione/passione è il lascito di suo padre; una missione da portare a termine che la conduce prima in Iran – dove trova la chiave rossa – e poi a Parigi.

Nella città francese la giovane si circonda di un gruppo di fanatici e assidui frequentatori delle catacombe di Parigi, che si propongono di accompagnarla nella sua ricerca. Attraversare le catacombe, però, non è affatto semplice. Il gruppo si troverà ad affrontare insidie di carattere fisico ma soprattutto soprannaturale; proseguendo nel loro cammino si troveranno costretti ad affrontare i fantasmi delle loro paure, che condurranno la maggior parte di loro alla morte.

Il viaggio sotterraneo del gruppo di ragazzi, però, è costellato anche da nozioni storiche ed esoteriche nelle quali entrano di diritto divinità, antichi egizi, aneddoti letterari e credenze religiose. Dettagli apparentemente campati in aria ma che arricchiscono il film e provvedono a dare a Necropolis – La città dei morti un percorso logico da seguire.

La prima chiave di letture del film risiede nel titolo stesso, che in lingua originale recita As Above, So Below ovvero Come sopra, così sotto.

In parole povere, il titolo dell’opera è atto a sottolineare la specularità di ciò che avviene sopra, quindi nel mondo abitato dai vivi, e sotto, ovvero nelle catacombe – che in questo caso non sono intese solo come luoghi per visite turistiche – bensì come cunicoli nei quali si annidano altri mondi aventi più a che fare con le forze soprannaturali in cui ciò che vive solo nella propria mente diventa spaventosamente reale.

Necropolis – La città dei morti possiede la stessa carica esploratrice di un film di Indiana Jones, ma tendente all’horror. La paura è dettata perlopiù dal senso claustrofobico che scaturisce nel vedere i protagonisti bloccati in tunnel strettissimi o inermi dinnanzi a eventi assurdi, mentre il senso di spaesamento gioca un ruolo fondamentale.

Infatti, mentre siamo abituati a muoverci verso sinistra o destra, ad andare sopra o sotto per mezzo di scale e ascensori e convinti che per uscire occorra necessariamente risalire, John Erick Dowdle pratica un mutamento di senso, obbligando lo spettatore a proseguire verso le viscere della Terra, ovvero ad andare verso l’Inferno, per lasciarsi alle spalle quel mondo.

La geografia applicata in Necropolis parafrasa a grandi linee la geografia dantesca della Divina Commedia.

Come in alto, così in basso. Ciò che è dentro di me, è al di fuori di me. Come in cielo, così in terra. Come sono io, così sono le mie cellule, così sono i miei atomi, così è Dio. Il mondo è come credo che sia.

(Scarlett)

Facendo fede alle parole As Above, So Below il finale di Necropolis – La città dei morti risulta scenicamente accattivante. I due ragazzi, infatti, cercano di aprire un varco (un tombino) chiuso dall’esterno, come se tutto il peso del mondo ricadesse su quell’apertura. Quando ci riescono li vediamo uscire al contrario e ritornare finalmente nel mondo dei vivi, a dimostrazione che quello dal quale sono usciti fuori era un mondo al contrario, un mondo fatto di morte.

Il significato del finale di Necropolis – La città dei morti è racchiuso in questa brevissima inquadratura finale, che ci dà la prova dell’esistenza di un mondo sotterraneo in cui le leggi della fisica non vigono; regnano unicamente la conoscenza e la fede.