Les Sauteurs: recensione del docu-film di Moritz Siebert e Estephan Wagner

Presentato in anteprima mondiale al Festival di Berlino 2016 dove ha ottenuto l’Ecumenical Jury Award e dopo essere stato selezionato in oltre 50 festival di tutto il mondo vincendo 15 premi tra cui l’Amnesty International Award, è arrivato nelle sale italiane il documentario Les Sauteurs di Moritz Siebert e Estephan Wagner in coregia con Abou Bakar Sidibé.

Les Sauteurs è un docu-film di grande valore: tre occhi diversi e un unico sguardo straordinariamente umano

Sul Monte Gurugù intorno a Melilla, enclave spagnola in Marocco, vivono migliaia di migranti africani in attesa di riuscire a scavalcare la barriera di filo spinato per raggiungere l’Europa. Una vita precaria, ma non per questo priva di speranze e progetti per il futuro. Ad uno di loro, Abou originario del Mali, gli autori affidano una telecamera per raccontare la vita di questa comunità.

Abou capisce la forza di quello strumento e impara ad usarlo trasformandolo in un occhio grazie al quale per oltre un anno viene documentata la vita della comunità. In un contesto fatto di paure e speranze, Abou riesce a districarsi e a far oltrepassare un racconto fluido e ritmato, vibrante e vitale.

Tre registi si uniscono per uno sguardo unico e straordinario sull’inaccessibile comunità di migranti intrappolata sul monte Gurugù nell’enclave spagnola di Melilla, geograficamente in Africa e politicamente in Europa. L’occhio dello spettatore è l’occhio di Abou, uomo con un punto di vista interno ad una comunità ingabbiata in una delle zone più militarizzate d’Europa.

Moritz Siebert e Estephan Wagner, al di là delle qualità visive e cineamatografiche – probabilmente irrilevanti per un racconto del genere – creano un documento impregnato di drammatica attualità ma ponendo, con una virata narrativa vincente, al centro l’uomo e il suo sogno.

Tramite Les Sauteurs riusciamo ad avere testimonianza reale di cameratismo e fratellanza, di dolore e di ambizione alla gioia: una volontà di legittimazione alla dignità che oltrepassa tutto e che, tramite il linguaggio visivo, fornisce un senso a tutti gli aspetti caratterizzanti della condizione di migranti, primo fra tutti il desiderio di libertà.

Dal punto di vista tecnico Les Sauteurs presenta aspetti non artificiosi, le riprese di Abou si compongono di inquadrature istintive, perfettamente aderenti al tipo di documentario che c’era nell’intenzione di Siebert e Wagner, i quali hanno dichiarato che ne è venuto fuori un lavoro in grado “spiegare come si fa un documentario”.

Le immagini girate da Abou si contrappongono a quelle delle telecamere di sorveglianza, sempre presenti nel film, che registrano esclusivamente per controllare. La contrapposizione è netta e dovuta al fatto che quando la camera è “con” Abou, egli è attore, regista e narratore di una parte di mondo che non si arrende e che continua ad esistere, lottando.

Les Sauteurs è un docu-film che in questo momento storico, lungo già abbastanza e purtroppo destinato a durare ancora, fornisce un punto di vista mediante il quale non solo si può provare sterilmente compassione, ma anche riflettere lucidamente su quale tipo di pensiero assumere quando anche nelle nostre realtà ci troviamo di fronte all’emigrante, un uomo o una donna – spesso un bambino – non così diverso.

Il film è distribuito in Italia, con la collaborazione di I Wonder Pictures / Unipol Biografilm Collection, da ZaLab che da anni si contraddistingue nella promozione delle migliori opere internazionali sul tema dell’immigrazione.

Regia - 3.5
Fotografia - 4
Sonoro - 3
Emozione - 4.5

3.8