Festival di Berlino: nella sezione Panorama, anche Call me By Your Name di Luca Guadagnino

La sezione Panorama del Festival di Berlino ha completato la sua lineup con l’aggiunta di 24 lungometraggi, tra cui Call Me by Your Name, una storia d’amore gay estremamente ben recensita con protagonista l’attore Armie Hammer.

Il programma completo della sezione Panorama comprende 36 premiere mondiali, sei internazionali e nove anteprime europee. Sono stati aggiunti tredici film europei. Tra loro c’è Call Me by Your Name, diretto da Luca Guadagnino (A Bigger Splash), da un adattamento – co-scritto con James Ivory – di un romanzo di André Aciman.

Nella sezione ci sono cinque film provenienti da Brasile, tra cui Como Nossos Pais, diretto da Laís Bodanzky, che ritrae la vita quotidiana di tre generazioni a San Paolo come “uno spettacolo pirotecnico di passioni individuali e delusioni esistenziali messo in scena con una naturalezza sublime “, secondo quanto dichiarato dal festival.

Nel programma della sezione Panorama del Festival di Berlino anche il debutto spagnolo Pieles di Eduardo Casanova, Rekvijem za gospodju J. (Requiem per la signora J.) del serbo Bojan Vuletić, Török  1945 di Fercenc, dall’ Ungheria, e God’s Own Country, debutto alla regia di Francis Lee, del Regno Unito

Teona Mitevska ritorna a Berlino con una rappresentazione amara di adolescenti macedoni in When the day had no name. Tornano anche nella sezione Panorama del Berlino Film Festival i norvegesi Ole Giæver, con l ‘ “auto-esame emancipatorio e filosofico” Fra balkongen (Dal balcone), e Erik Poppe con Kongens nei (La scelta del Re), che tratta della resistenza del re norvegese alle forze armate tedesche, durante la seconda guerra mondiale.

La co-produzione belga-franco-libanese Insyriated di Philippe Van Leeuw è un dramma da camera intenso con Hiam Abbass nei panni di una donna intrappolata in un appartamento della famiglia, mentre la guerra infuria all’esterno. Kaygi di Ceylan Özgün Özçelik racconta la storia della censura della stampa in Turchia e il suo effetto sul lavoro di una giovane giornalista. E infine c’è Hostages, del regista georgiano Rezo Gigineishvili in cui un desiderio di libertà e indipendenza sfocia nella prontezza ad usare la violenza per i giovani cittadini sovietici nel corso di un dirottamento aereo avvenuto nel 1983.

La Germania è rappresentata al Festival di Berlino nella sezione Panorama da Jakob Lass con Tiger Girl, in cui una “forte amicizia si sviluppa tra due donne, in cui i sistemi di valori convenzionali si iniziano a svelare, in ciò che appare come un ritratto morale, un vero e proprio ritratto della parte più recondita della Repubblica tedesca di oggi.”

Ci sono poi psico-thriller Sindrome di Berlino del regista australiano Cate Shortland (presentato al Sundance), la fiaba femminista I Misandrists del sempre presente alla Berlinale Bruce LaBruce, ed science-fiction pic Fluidø, dell’ artista taiwanese-americano Shu Lea Cheang.

Il regista statunitense Travis Mathews, un “cronografo di una modernità occidentale gay”, presenterà il suo secondo film nella sezione Panorama, Discreet. “Un paesaggio sonoro inquietante aleggia sulla sua storia spesso ellitticamente modificata, che ruota attorno ad un uomo che si avvicina alla mezza età e che viene catturato nelle profondità più scure del suo passato. “

Lo stile originale del regista marocchino Hicham Lasri è presente alla Berlinale ancora una volta dopo l’anno scorso con. Ora torna per la terza volta con Headbang Lullaby, un “impatto visivo psichedelico di piscina da favola a colori ,vibrante e piena di situazioni assurde, che tiene anche uno sguardo alla critica sociale della storia del nativo del Marocco Lasri “.

Tre film d’autore provenienti dalla Cina gettano luce sui complessi sconvolgimenti in corso nel Paese. I film mostrano come “stabilire alternative per se stessi all’interno di sistemi autoritari è un grande passo verso la libertà individuale”, il festival ha dichiarato.

In Bing Lang Xue “sperimentiamo il turbine di un amore giovanile in una struttura turistica,” mentre in Ghost in the Mountains e Ciao Ciao, “ci crogioliamo nei paesaggi mozzafiato degli altopiani cinesi”.

Nel suo film One Thousand Ropes, il regista samoano (Nuova Zelanda) Tusi Tamasese crea “immagini mitiche piene di tensione e concentrazione riguardo la storia del Maea, il panettiere e ostetrico dotato di un potere curativo nelle mani, i cui demoni personali svolgono un ruolo fondamentale nella sua vita quotidiana.”