Venezia 73 – Assalto al cielo: recensione del film di Francesco Munzi

A due anni dal sorprendente Anime nere, capace di conquistare 9 David di Donatello e l’acclamazione pressoché unanime da parte di pubblico e critica, Francesco Munzi torna al Lido con Assalto al cielo, documentario presentato fuori concorso a Venezia 73. Il film si concentra sugli anni della contestazione e delle lotte politiche in Italia a cavallo fra gli anni ’60 e ’70, avvalendosi esclusivamente di immagini di repertorio, pescate fra i maggiori archivi audiovisivi nazionali.

Venezia 73 – Assalto al cielo: recensione del film di Francesco Munzi

Assalto al cielo è suddiviso in tre movimenti, come una partitura musicale, e offre uno sguardo equidistante e disincantato sugli anni dei sogni, della rivoluzione, ma anche della violenza e del terrore. In 72 minuti vengono ripercorsi circa 10 anni di storia del nostro Paese, con uno sguardo rigorosamente dal basso, ovvero dalla prospettiva di chi ha vissuto sulla propria pelle quegli anni difficili ma anche pieni di speranza.

Assalto al cielo

Il racconto è asciutto e rigoroso, ma anche pieno della passione che sgorga dalla voce dei protagonisti, e che rende bene l’idea il clima di forte tensione politica e sociale di quegli anni. Proletariato contro capitalismo, Partito Comunista contro Democrazia Cristiana, Brigate Rosse contro neofascisti. Ogni scusa è buona per l’opposizione di due ideologie politiche e sociali diametralmente opposte, che purtroppo spesso sfociano in una vera e propria guerriglia urbana.

Geniale inoltre la scelta del regista di inserire due intermezzi che invitano gli spettatori a sfruttare i momenti di pausa

Le immagini d’archivio scorrono fluide, insieme alle parole utopistiche di chi vedeva veramente a un passo una rivoluzione sociale e culturale, ma si è poi dovuto arrendere alla volontà da parte delle istituzioni e di parte del popolo di conservare l’ordine delle cose. Lo spettatore viene così affascinato e al tempo stesso destabilizzato dai pensieri in presa diretta di giovani uomini nel fiore degli anni, intenti prima a cercare di migliorare la condizione degli operai con dure lotte sindacali e di classe, poi a spargere odio e violenza contro i membri della fazione opposta.

Con un pregevole lavoro di montaggio e di scelta del materiale da inserire nel film, Francesco Munzi riesce nell’intento di fare comprendere il clima di tensione ed esasperazione di uno dei periodi cruciali del dopoguerra italiano, anche e soprattutto a chi non ha vissuto in prima persona quell’epoca.

Assalto al cielo si rivela una pellicola solida, dura e mai banale, che ci apre una finestra su un’epoca che vogliamo credere ormai lontana

Assalto al cielo

Assalto al cielo fonde speranza e tragedia, idealismo e violenza, lotta politica e terrorismo, miscelando le testimonianze di chi ha cercato di rovesciare l’ordine prestabilito con le agghiaccianti immagini della costituzione e del modus operandi di Brigate Rosse da una parte e neofascisti dall’altro, responsabili di alcune delle più gravi stragi avvenute sul suolo italico, come quella di Piazza Fontana o, successivamente, del rapimento e assassinio di Aldo Moro e della stazione di Bologna.

Francesco Munzi ci fa immergere a tal punto nel clima di quegli anni che alla conclusione del film non proviamo né soddisfazione né rabbia, ma ci sentiamo come nel momento in cui ci risvegliamo bruscamente da un incubo molto realistico, che sappiamo potrebbe tornare presto a tormentarci. Geniale inoltre la scelta del regista di inserire due intermezzi che invitano gli spettatori a sfruttare i momenti di pausa per parlare fra loro, sulla scia di alcune opere di Pier Paolo Pasolini.

Assalto al cielo si rivela una pellicola solida, dura e mai banale, che ci apre una finestra su un’epoca che vogliamo credere ormai lontana, ma le cui conseguenze ci affliggono ancora oggi. Un documentario fatto di impegno, ricerca e ricostruzione storica, che ci mette davanti alla realtà dei fatti, astenendosi dal dare qualsiasi tipo di giudizio morale sulle azioni dei protagonisti. Un’opera di grande sostanza e valore culturale, che avrebbe sicuramente meritato di essere inserito in un concorso che ha visto fra le partecipanti pellicole decisamente meno mature e meritevoli. Un film che ci parla del passato per aiutarci a comprendere meglio il presente, confermando il talento di un grande cineasta contemporaneo di nome Francesco Munzi.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8