Assolo: recensione del film di Laura Morante

Assolo: composizione, o parte di essa, eseguita da un solo esecutore (vocale o strumentale), isolato da una massa corale o strumentale. Oppure: azione isolata, di persona che si stacchi o emerga da un gruppo. Distacco. Autonomia. Voglia di diventare grandi. Laura Morante scrive e dirige la storia di una donna che come tante è diversa dalle altre.

Fidanzati, matrimoni falliti, amanti sposati, la vita di Flavia (Morante) è costellata di uomini complicati da cui la protagonista dipende completamente, anima, corpo e sopravvivenza, debole di fronte alle insidie della quotidianità, incapace di reggere il confronto con il restante genere femminile. Le serate di tango, le uscite disastrose con inadeguati compagni, le innumerevoli sedute di psicanalisi in cui sogno e realtà si intrecciano con nevrotica frenesia segnano un percorso di crescita all’insegna di delusioni cocenti e personali ostacoli, la semina indecisa di una persona che con cura cercherà di raccogliere i suoi nuovi frutti ponendoli sotto una luce aurea, per renderli più forti, più autarchici, più indipendenti, come in fondo lei ha sempre desiderato essere.

Assolo-Film

Flavia (Laura Morante) passa del tempo in campagna con l’ex marito Gerardo (Francesco Pannofino) e la sua attuale moglie Giusi (Emanuela Grimalda)

Assolo: donne imperfette che sono normali proprio per le loro incertezze

Liberando una voce dal coro con Assolo, in una labirintica mappatura dei rapporti interpersonali del personaggio interpretato dalla concitata Laura Morante, il cinema apre le porte per far introdurre lo spettatore direttamente nella mente di tante donne imperfette, che proprio per le loro incertezze sono assolutamente normali. Sempre insicura, incapace di sostenersi con le proprie gambe, Flavia è l’emblema dell’irrilevanza che l’individuo può sentire nei riguardi della sua esistenza; così tremendamente sola, sia nella condizione vitale sia nella dimensione sentimentale, il bisogno costante di un surrogato affettivo maschile al fianco rappresenta per la donna la principale assuefazione che corrode una vita che le si è creata tutta intorno, disseminata di dinamiche destabilizzanti dovute ai matrimoni con i precedenti mariti (Francesco Pannofino e Gigio Alberti) nonché all’”amicizia” con le loro attuali mogli (Emanuela Grimalda e Carolina Crescentini) e dal timore del giudizio esterno, infimo e crudele. Incompresa dagli altri, ma soprattutto da sé stessa, i giorni passano per la protagonista che tramite piccoli traguardi, che siano il riuscir a prendere la patente o la compagnia di una dolce cagnetta, si riscatta da un mondo dal quale si sente pesantemente schiacciata, colmando un vuoto interiore senza il sentire la necessità di qualcosa o di qualcuno. Eliminata la scarsa assertività e la sfiducia del proprio essere, Flavia capirà veramente quanto sia dura amare una donna che non ama sé stessa.

Assolo

Flavia e le sue “amiche” passano una serata tra donne

Una voce fuori dal coro di cui non avevamo bisogno

Nevrastenico come il personaggio principale, pensato, scritto e diretto dalla Morante, Assolo è l’esperienza realistica/onirica di una figura femminile al limite della tristezza e dell’assurdità, l’irrazionalità dei comportamenti di quel sesso che nel film viene rappresentato esattamente con l’aggettivo che nel corso di lunghi decenni egli stesso ha tentato di discostare da sé: debole. Prese le peggiori paure delle donne, dall’inadeguatezza sessuale, allo scoraggiamento dovuto al confronto con l’universo donnesco di cui si fa parte, fino all’impossibilità di cavarsela da sole, il film offre immagini obsolete e mortificanti non solo grazie alla protagonista, ma aggiungendo personaggi di cui pochi dovrebbero sentirsi fieri: un’amica abbandonata ed ancora succube di un amore finito, un’estetista sessuomane e perversa, una fidanzata possessiva, una moglie traditrice, quadretto dal quale si salva solo la dottoressa Grünewald, giusta e sensata, interpretata da Piera Degli Esposti. Storia che storia non è, per quasi cento minuti la vita di Flavia scorre su pellicola senza momenti di crescendo, piatta sinfonia che nel coro inserisce molti elementi, ma non si aggrada a svilupparne nemmeno uno di quelli dispensati. Idea interessante, melodia sbagliata: spunti singolari per una commedia che voleva essere al tempo stesso dramma, ma ne esce né l’una né l’altra per imprecisioni e componenti incostanti. Risate sparse e riflessioni ci sono, ma non abbastanza per divertirsi davvero o emozionarsi. Una voce che non avevamo bisogno di sentire fuori dal coro.

Giudizio Cinematographe

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2.7
Sonoro - 2.2
Emozione - 2.2

2.4

Voto Finale