Recensione da letto – Suburra ***SPOILER***

LEI: Suburra, film di Stefano Sollima
LUI: spettatore italiano entusiasta e speranzoso (concitazione post-coitale)

– Oggesù, Suburra… Finalmente… Finalmente!
– Anche a me è piaciuto, tesoro. Ma perchè “finalmente”?
– Perché erano anni che non mi sentivo così dopo aver visto un film italiano. Sei acqua nel deserto, piccola…
– Davvero? Beh, sono contenta… Sai, non a tutti sono piaciuta
– Lo so, Suburra, lo so. Hanno detto che il tuo soggetto non è particolarmente originale, vero?
– Sì…
– Che hai delle vistose falle nella trama.
– Già. Non spiego che fine fa il bambino preso in ostaggio, nè la escort Sabrina…
– E che altro? Ah, sì, che ti prendi troppo sul serio, e che vorresti essere sia un film di genere che un film di denuncia. Diciamocelo, Suburra: per lo più, hanno ragione.
– Ma come, anche tu!
– Piccola, sarebbe sciocco non ammetterlo: la tua trama ha delle falle. A tratti mi è sembrato che ti abbiamo riadattato da una serie TV e che abbiano dovuto tagliare qualche episodio per ragioni di tempo. Tra l’altro, una serie TV si farà lo stesso, giusto?
– Sì, giusto… Per l’inizio del 2017 dovrebbe arrivare qualcosa…
– E posso anche dare ragione a chi dice che la trama manca di originalità, che si discosta dal libro da cui è tratta per avvicinarsi allo stile delle serie Romanzo Criminale e Gomorra.
– Ma allora non capisco, prima non mi sembravi così dispiaciuto… Ti sono piaciuta o no?
– Mi sei piaciuta un botto, Suburra. Perchè un film va analizzato anche nel proprio contesto. Immaginiamo che tu sia un film straniero, magari un filmetto americano indipendente: si direbbe che non sei male, che ti si guarda volentieri ma che non sei così originale, che il regista è in gamba ma la trama, appunto, si è già vista.
– Vieni al punto…

Alessandro Borghi in Suburra

Alessandro Borghi A.K.A. Numero 8 passeggia verso uno dei dialoghi più cazzuti del film.

– Il punto è che tu sei un film fatto in Italia, Suburra. Arrivi in un momento in cui il nostro cinema è fertile come la superficie di Plutone. Nel bene e nel male, il resto del mondo sta facendo film di genere, di qualunque genere. Alcuni sono molto belli, altri sono delle porcate allucinanti, ma per lo più funzionano, portano la gente al cinema.
In Italia no. Da un ventennio a questa parte, in Italia puoi scegliere tra commedia (declinata nei vari cinepanettoni, commedie romantiche, commedie demenziali e via dicendo) o drammoni psico-socio-familiari. E magari sono anche bei film, però dopo vent’anni stufano, no?
– E per forza, già andare al cinema costa un sacco, se poi si propina sempre la stessa minestra. Ma nell’aria c’è odore di cambiamento… Ad esempio, chi l’avrebbe mai detto che Il Racconto dei Racconti sarebbe andato così bene?

Elio Germano in Suburra

Elio Germano A.K.A. Sebastiano, il personaggio più viscido e smidollato della storia del cinema italiano.

– Esatto, Suburra. Se si può parlare di nuova frontiera del cinema italiano, Matteo Garrone è sicuramente uno dei pionieri. E lo stesso vale per Stefano Sollima, il tuo regista, che ha finalmente portato la fiction italiana oltre il livello “Don Matteo”. Con te, piccola, il cinema ha fatto un passo avanti.
– Parli del fatto che sono il primo film italiano che si piazza tra ganster e noir?
– Anche, ma non solo. Parlo della regia di Sollima, che è espressiva senza essere invadente, è semplice senza essere ignorante. E sì: si prende sul serio, senza lasciare spazio alla percentuale comica e rimanendo sempre oscura, spietata e fedele a se stessa.
– Oh, grazie! Che sennò poi si finisce a parlare sempre di Sorrentino
– E non ho finito. Una cosa che amo di te è come dai spazio agli attori. Hai un cast fatto di nomi noti e meno noti, ma Sollima riesce a dare a tutti ampi possibilità di manovra. Elio Germano è una sicurezza, e aspetto di vederlo in Alaska. Pierfrancesco Favino, che ormai fa avanti e indietro tra Italia e Hollywood, giganteggia nei panni del politico corrotto. Il Numero 8 di Alessandro Borghi ha forse qualche asperità, ma non risulta mai inverosimile.
– E non dimenticarti di Amendola, tesoro…
– Ha! Claudio Amendola… Dimmi te se un attore può passare una carriera a fare filmetti all’acqua di rose e I Cesaroni e poi venirsene fuori con un personaggio gelido, potente e sfaccettato come Samurai.

Claudio Amendola in Suburra

“I Cesaroni” un paio di palle.

– Viene da chiedersi quanti siano in Italia gli attori di talento che si spacciano da guitti, vero?
– Viene anche da sperare che le cose stiano per cambiare… Ma torniamo a noi, Suburra: con tutti i difetti che ti si possono trovare, sei visivamente curatissimo, avvincente e originale. Non c’è molto altro che posso chiedere ad un film. Soprattutto, sei un segnale dei tempi che cambiano.
– Beh, sei molto gentile. Che dici, potremmo vederci anche domani?
– Certo, Suburra… E non è che magari puoi portare una tua amica? L’Onorevole Malgradi mi ha dato un’idea interessante…

BONUS: IL TEASER TRAILER DEL REBOOT DI SUBURRA