Bota Cafè: recensione

Bota Cafè: il caffè del mondo, secondo la traduzione dall’albanese del termine bota. E non ci poteva essere denominazione più esemplificativa per questo film, spaccato di vita incentrato sul bar del titolo che, di fatto, rappresenta anche il microcosmo al cui interno sono costretti i protagonisti.
Coproduzione italo-albanese, Bota Cafè raggiunge le sale il 25 giugno ed è preceduto dai molteplici riconoscimenti che ha ricevuto nei festival cui ha preso parte (tra gli altri, ricordiamo il San Francisco International Film Festival e l’Eurasia Film Festival, tanto per citarne alcuni).

Il film segue le vicende dei tre protagonisti Beni, Nora e Juli e la loro piatta esistenza in un villaggio in mezzo al nulla, dove vivono da quando il regime di Henver Hoxa ha recluso le loro famiglie e quelle di tutti gli altri oppositori politici nelle regioni disabitate del paese. Le loro vite sono unite dal Bota Cafè, appartenente alla coppia di cugini Beni e Juli, frequentato da sporadici ed abituali visitatori. La monotonia delle loro giornate, finalmente, viene sconvolta da una novità: una grossa autostrada sta per essere costruita proprio nelle vicinanze del bar. Potrebbe essere, per loro, l’occasione per dare una svolta alle loro vite.

bota cafè

Bota Cafè è fin dall’inizio, un film che scorre lento come la storia che racconta, con i protagonisti alla costante ricerca di una via d’uscita da una situazione stagnante e da una vita che non hanno scelto nè sentono di meritare. E proprio in questo, nel rendere il senso di frustrazione ed ineluttabilità che attanaglia i personaggi e li trascina inesorabilmente con sè, i registi Iris Elezi e Thomas Logoreci sono riusciti a fare un ottimo lavoro. La pellicola, con il suo ritmo lento e le immense distese desolate, ci trasporta immediatamente nella realtà abietta e disperata, senza prospettive, che vivono sulla loro pelle i personaggi ritratti e ci permette di conoscere, sentendone tutto il senso di angoscia, un mondo che non conosciamo e che ci appare lontano ed impensabile. Il senso di solitudine e di malinconia dello sperduto villaggio perso nel deserto e dei suoi abitanti diventa reale, grazie alla sapiente mano dei registi ed alla fotografia di Ramiro Civita.

Se il film pecca un po’ nella sceneggiatura, risultando noioso e difficile da seguire in alcuni passaggi, recupera tutto nella recitazione dei protagonisti, tutti in parte e bravissimi. Fra loro, spicca Flonia Khodeli (già vista in Vergine giurata di Laura Bispuri) che dà vita, con la sua recitazione pacata e misurata, ad un’intensa Juli, per la quale non si riesce a fare a meno di provare empatia e compassione. Proprio lei emergerà, di fatto, come vera e propria protagonista della vicenda, l’unica in grado, nel corso della pellicola, di trovare il coraggio necessario a prendere in mano la propria vita e decidere del suo futuro, a dispetto di una situazione che non ha scelto e che le è, invece, piombata addosso.

bota cafè

Un viaggio in un’Albania diversa, degradata e fatiscente, che viene mostrata con schietto verismo in un film che si limita a mostrare quello che accade così com’è, senza filtri, semplicemente accompagnando le immagini, senza timore di mostrare anche gli aspetti negativi. In tanto realismo, comunque, viene lasciato spazio anche alla speranza ed alla possibilità di una vita migliore, per chi avrà la forza di costruirsi una via d’uscita. Una visione, insomma, da non prendere alla leggera ma che vi consiglio: vi lascerà l’amaro in bocca, ma saprà stupirvi con le sue stupende immagini e vi darà qualcosa su cui riflettere.
Bota Cafè è prodotto da Partner Media Investment e da Erafilm Production con il contributo di MiBACT e FlexFilm e con il sostegno di QKK – National Film Center Albania e Eurimages. In Italia, verrà distribuito da Istituto Luce Cinecittà.

Giudizio Cinematographe

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.9
Fotografia - 3.6
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2.7
Emozione - 3.2

3.2

Voto Finale