Oceania: recensione del classico d’animazione Disney

Ha il coraggio di Merida, la determinazione di Mulan, la tenacia di Pocahontas. È Vaiana, la protagonista del film d’animazione Disney Oceania (Moana), in uscita il 22 dicembre.
Diretto da due mostri sacri dell’animazione, Ron Clements e John Musker (autori di capolavori come Aladdin, La sirenetta, La principessa e il ranocchio) il film sa dare uno sguardo al passato e uno al futuro, macchiandosi di sentimentalismi e caratterizzazioni sceniche e musicali capaci di farci viaggiare col pensiero presso le distese dorate degli anni ’90, scolpendo negli occhi di chi guarda gli stessi colori e personaggi noti nel panorama disneyano, ma andando avanti, verso un nuovo corso.

Vaiana è il nuovo che avanza, il passo in più nel tragitto dei classici Disney; Vaiana è l’emancipazione femminile tramutata in un cartone e lo è per il suo essere ribelle, per la voglia di esplorare il mondo, perché non ha bisogno di un principe o di trovare l’amore per sentirsi realizzata (ma questo accade anche in Frozen e Zootropolis, per esempio!) e perché, anche se va in giro ben vestita e con un animale – come fa notare Maui – non è una principessa!

Ma conosciamola meglio! Chi è la protagonista del film d’animazione? Una sedicenne dai grandi occhi scuri, la pelle color caffè, i capelli voluminosi e ricci, che vive su un’isola bellissima, abitata da gente fantastica e ha un padre iperprotettivo. Nel suo destino nessun uomo, ma la sovranità sul suo popolo è un futuro dal quale non può fuggire, così come non può sgattaiolare via dalle tradizioni che impongono di non oltrepassare il reef.

Come tutti i protagonisti Disney, anche Vaiana ha un quid, qualcosa che la rende speciale, ed è il suo rapporto con l’Oceano, al quale Ron Clements e John Musker hanno voluto dare un’anima.

L’effetto grafico dell’acqua sa comunicare allo spettatore fiducia e freschezza, aggiudicandosi il premio simpatia!

Facendo leva sui racconti mitologici delle isole del Pacifico, resi vividi dalle narrazioni della materna e un po’ folle Nonna Tala (doppiata da Angela Finocchiaro), che rappresenta la confidente più fidata di Vaiana – nonché una sorta di voce del cuore – i registi ci proiettano tra le beghe della creazione presentandoci Te Fiti, la madre di tutte le isole, il cui potere era quello di creare la vita, finché un giorno Maui – semidio del vento e del mare – le rubò il cuore e, in uno scontro col demone Te Kā, lo perse nel cuore dell’Oceano.

“Il suo cuore aveva il più grande potere mai conosciuto: creare la vita. E Te Fiti lo condivise con il mondo”.

Stando ai racconti di Nonna Tala, è da quel momento che tutto ha iniziato lentamente a morire e non si fermerà, finché Maui non troverà il cuore per restituirlo a Te Fiti. Da questo pretesto la protagonista di Oceania inizia il suo viaggio che, se da una parte trova come giustificazione l’amore per il suo popolo, dall’altra è fondato su una ricerca smodata di se stessa.

In questo tassello si inserisce l’evoluzione basilare del film d’animazione Disney: Vaiana va via da un ambiente protetto per inseguire un’idea di libertà e amor proprio e per compiere un’impresa eroica che fino a ora la casa di Topolino aveva riservato solo agli uomini.
Vaiana è di fatto la prima esploratrice e rivoluzionaria che scorgiamo nel percorso disneyano; ella si slega dai preconcetti e dai toni accesi del femminismo. Pretende dei diritti e dei doveri ma non ce li sottolinea, come a volerci far intendere che nel tempo in cui viviamo tali dettami sono semplicemente plausibili e imperituri.

Il viaggio attraverso l’oceano, tempestato di prove da affrontare (dopotutto neanche troppo grandi e vissute con una nonchalance alla quale non eravamo molto abituati), è un cammino verso la propria identità e un monito a guardare sempre dentro se stessi e non mollare mai.

oceania

Plus di questo viaggio è il semidio Maui, che fa da spalla a Vaiana. In lui si nascondono due anime, che potremmo definire a grandi linee come il bene e il male. Sotto certi punti di vista è una specie di Pinocchio del Pacifico, con tanto di grillo parlante, rappresentato però da un tatuaggio – ribattezzato Mini Maui – che rappresenta la voce della sua coscienza.
Maui è la prima sfida di Vaiana – portatore a sua volta di altre sfide, come quella rappresentata dall’enorme granchio Tamatoa – e anche lui è protagonista di un viaggio parallelo alla ricerca di se stesso.

La poetica su cui si basa Oceania può racchiudersi nella massima: ‘sapere dove andrai sapendo dove sei stato’, ovvero guardare al futuro senza dimenticare il passato.

In fondo è questo ciò che hanno fatto Ron Clements e John Musker: lavorare su un personaggio che fa un passo avanti rispetto alle altre eroine della sua categoria, senza omettere la grafica da anni ’90, ma sapientemente mixata con effetti speciali all’ultimo grido e una colonna sonora (firmata da Lin-Manuel Miranda e Mark Mancina nella versione originale e da Rocco Hunt e Sergio Sylvestre in quella italiana) che, se proprio non fa venire costantemente i brividi, assurge al compito di sviscerare l’essenza dei personaggi e farci immergere in culture lontane dalla nostra.

Una conchiglia e l’amore sono, infine, il simbolo della rivoluzione di Vaiana.

Oceania: The Lava Witch nello sneak peak del prossimo trailer

La ragazza, infatti, non lotta contro nessuno, ma comprende ed estrapola il meglio da coloro che la circondano e pone sulla catasta di pietre atte e rappresentare i capi tribù precedenti una conchiglia, simbolo della rivoluzione.

Un oggetto sul quale non può andare sopra nulla e che stimola alla ricerca interiore, elogiando la diversità.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.7