Indiana Jones e il tempio maledetto: recensione

Tre anni dopo il clamoroso successo de I predatori dell’arca perduta, l’archeologo più celebre del cinema torna con Indiana Jones e il tempio maledetto, che pur essendo impostato come un seguito è a tutti gli effetti un prequel del precedente capitolo, essendo ambientato circa un anno prima.

Ovviamente confermatissimo nel ruolo di protagonista Harrison Ford, ormai diventato una stella del panorama cinematografico mondiale grazie anche ai successi di Blade RunnerIl ritorno dello Jedi. Ben saldi al suo fianco George Lucas (per l’occasione aiutato nella sceneggiatura da Willard Huyck e Gloria Katz) e Steven Spielberg, che per la regia di questo film ha riciclato e rielaborato alcune idee originariamente concepite per I predatori dell’arca perduta, ma non realizzate per la mancanza di budget. Le più importanti novità nel cast sono quelle di Kate Capshaw e del giovanissimo e sorprendente Jonathan Ke Quan, che interpretano le spalle del Professor Jones in questa nuova avventura.
Indiana Jones e il tempio maledetto

Indiana Jones e il tempio maledetto: un netto passo indietro per la saga sull’archeologo più celebre della storia del cinema

Il prologo del film ci mostra Indiana Jones (Harrison Ford) impegnato in una difficile trattativa a Shanghai con il boss della malavita locale Lao Che, che non ha intenzione di pagare l’archeologo per il lavoro da lui svolto. Indy riesce a scampare all’attentato alla sua vita e a fuggire insieme a Willie Scott (Kate Capshaw), la compagna di Che, e il suo giovane aiutante Shorty (Jonathan Ke Quan). Durante la fuga, l’aereo dell’improvvisato gruppo precipita sfortunatamente sulle montagne indiane. Il Professor Jones e i suoi aiutanti si ritrovano così invischiati in una lotta contro la setta dei Thug, un pericoloso e violento culto capeggiato dallo spietato Mola Ram (Amrish Puri).

Indiana Jones e il tempio maledetto

Con Indiana Jones e il tempio maledetto, la  premiata ditta Spielberg-Lucas opta per imprimere una decisa svolta alla saga, cambiando ambientazioni e atmosfere senza sacrificare lo humour e l’azione. Fra banchetti a base di parti del corpo umano, bambini schiavizzati e riti vudu eseguiti da minacciosi santoni, lo stile narrativo della pellicola si avvicina infatti più a quello dell’horror che alla pura avventura del precedente capitolo. Il ritmo è sempre altissimo e le emozioni non mancano di certo, ma alla fine dei conti Indiana Jones e il tempio maledetto si rivela un netto passo indietro, nonché il capitolo della serie meno riuscito fino all’arrivo del pasticciato Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo.

Indiana Jones e il tempio maledetto si rivela uno spettacolo ben confezionato e di sicuro intrattenimento, ma che non riesce ad avvincere fino in fondo

Le ambientazioni mistiche della pellicola mal si adattano al tipico senso dell’umorismo di Indy, che, nonostante la sempre ottima prestazione di Harrison Ford, viene leggermente sacrificato in nome dell’azione spesso fine a se stessa. A emergere è così soprattutto il personaggio di Jonathan Ke Quan, che rende manifesto (se mai ce ne fosse bisogno) l’innato talento di Steven Spielberg nel mettere al centro delle proprie storie bambini e adolescenti. Il leggendario cineasta si rivela in questo caso meno ispirato del solito, riuscendo a dare il meglio di sé soltanto in alcune scene d’azione, come quella del celeberrimo inseguimento a bordo dei carrelli, che da sola vale il prezzo del biglietto.

A pesare sulla resa del film sono inoltre una presenza femminile costantemente sopra le righe come quella di Kate Capshaw (più fastidiosa che divertente) e un antagonista certamente malefico e inquietante, ma privo del carisma e del fascino del René Belloq del capostipite della serie. Privando Indiana Jones e il tempio maledetto del contesto storico e culturale che aveva contribuito alla fortuna de I predatori dell’arca perduta, Spielberg e Lucas finiscono così per togliere mordente e profondità al film, che diventa uno spettacolo ben confezionato e di sicuro intrattenimento, ma che non riesce ad avvincere come altri episodi della saga.

Nonostante tutto, Indiana Jones e il tempio maledetto si dimostra ancora oggi un valido film d’azione

Indiana Jones e il tempio maledetto

Nonostante sia datato 1984, Indiana Jones e il tempio maledetto si dimostra ancora oggi un valido film d’azione, che fra sparatorie, duelli, inseguimenti e ponti tremolanti mantiene viva l’attenzione dello spettatore per quasi due ore. Tuttavia, la scelta di spostare il focus della narrazione dall’avventurosa lotta culturale al puro intrattenimento alla lunga penalizza il film, che perciò non convince pienamente. Spielberg e Lucas avranno comunque modo di rifarsi 5 anni più tardi con Indiana Jones e l’ultima crociata, che farà ritrovare alla saga la strada perduta e diventerà l’asticella non ancora superata delle avventure del Professor Jones.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.3