Intervista a Mark Wahlberg per Deepwater: ‘sono queste le storie che mi attraggono’

Distribuito dalla Medusa, il 6 ottobre arriva nelle sale italiane Deepwater – Inferno sull’oceano di Peter Berg, ispirato alla storia vera di uno dei più grandi disastri ambientali causato da una devastante esplosione di una piattaforma trivellatrice, Deepwater Horizon, al largo della costa della Louisiana il 20 aprile 2010. Noi di Cinematographe abbiamo avuto modo di incontrare il protagonista e produttore Mark Wahlberg insieme al produttore Lorenzo di Bonaventura che hanno raccontato le difficoltà nel girare un film tratto da un episodio recente.

Scorrendo la tua filmografia spesso si incontrano storie vere, ispirate a cose accadute nella realtà e a personaggi esistiti o esistenti. Qual è il processo che ti guida nella scelta di queste storie?

M: Queste sono le storie che mi attraggono. Storie di gente comune, come nel caso di Deepwater, che si ritrovano in circostanze incredibili. Queste sono le storie che mi ispirano e che mi spingono ad esserne coinvolto. È il genere di film che mi piace guardare!

Deepwater è un film complesso da un punto di vista produttivo però non è un banale film catastrofico. Il momento degli effetti speciali ha lo stesso equilibrio delle individualità, delle persone che vediamo sullo schermo. Dal punto di vista del progetto produttivo, come è stato realizzato?

L: È estremamente complicato realizzare un film come questo. Credo sia il film più difficile in assoluto al quale abbia preso parte. Prima di tutto a livello logistico perché abbiamo dovuto costruire una piattaforma di novecentomila kg di acciaio. In secondo luogo per la responsabilità che avevamo di raccontare una storia vera, con personaggi realmente esistiti e gente scomparsa. Questo tipo di pressione ha rappresentato però per noi una guida. Una linea di pensiero che ci ha permesso di trovare il giusto equilibrio tra la parte spettacolare e quella emozionale.

Come hanno reagito i responsabili della British Petroleum alla notizia del film? Avete incontrato degli ostacoli?

M: Non abbiamo ricevuto nessun tipo di supporto da parte del Management di BP. Mi ricordo di aver tentato tramite la produzione di mettermi in contatto con loro ma la risposta è stata negativa. Ho tentato anche di avere accesso ad una vera piattaforma petrolifera per provare l’esperienza vera che si vive in quel contesto ma non è stato possibile. Ho incontrato molta resistenza. Non sapevano che tipo di film volessimo realizzare. Alla fine abbiamo voluto concentrarci solo sulle undici persone decedute, sul coraggio di quegli uomini e quanto loro si siano impegnati per cercare di salvarsi a vicenda.

Quali sono state le complessità tecniche e difficoltà emotive, di questo ruolo, nel gestire il rapporto con il vero protagonista della vicenda?

M: Al contrario di quanto si possa pensare, non vi è stata necessaria molta preparazione fisica per affrontare questo ruolo. L’unica cosa che il regista, Peter Berg, voleva che facessi era di prendere peso mangiando e bevendo, e devo dire che la Louisiana è un paese ideale per questo. Ideale come l’Italia! Invece per imparare le operazioni tecniche e la professionalità del mio personaggio ho potuto fare affidamento su Mike Williams (il superstite interpretato da Wahlberg). È stato tutto il tempo accanto a noi nel corso delle riprese. Mi ha insegnato tutto quello che c’era da sapere nonostante fosse per lui un argomento particolarmente sensibile da affrontare. Non si è lasciato minimamente impressionare dal mio curriculum. Ci siamo guadagnati la sua fiducia dimostrandogli le nostre reali intenzioni erano semplicemente omaggiare le vittime di questo disastro e alla fine lui si è aperto nei nostri confronti.

Cosa ci può dire sull’ormai imminente Patriots Day?

M: È un film che parla dell’attacco terroristico durante la maratona di Boston, la mia città natale. È una piccola città quindi chiunque conosce qualcuno che direttamente o indirettamente è stato colpito da questo attacco terroristico. “L’amore vince su tutto” è il messaggio di questo film e credo che tutti noi abbiamo bisogno di comprenderlo considerando gli attacchi terroristici e di violenza che si stanno verificando in questi ultimi anni. Credo che sia estremamente importante e sono molto orgoglioso di averne fatto parte.

In Deepwater si presta attenzione alle persone semplici, che fanno il loro lavoro. Persone che non sono né eroi né supereroi. Puoi approfondire l’importanza di portare all’interno del mercato hollywoodiano questo tipo di consapevolezza?

M: Devo dire che gli studios sono stati molto coraggiosi. Tanto da decidere di farci realizzare un film di questa portata. Le persone sono ciò da cui traggo ispirazione, le storie che rappresentano sono quelle con cui mi identifico, quelle della gente comune con la quale sono cresciuto. Posso affermare che faccio i miei film più commerciali e di successo proprio per poter realizzare i film rischiosi come questo. Per poter raccontare le storie che realmente mi appassionano. Complimenti a Hollywood per il coraggio che ha avuto nel realizzare questo film tanto da farlo uscire nelle sale statunitensi durante un estate piena di supereroi. Finalmente un film di supereroi per adulti con un contenuto di un certo tipo e con un significato.

L: Volevo semplicemente aggiungere un commento a riguardo. Solitamente non è questo il genere di film che si fa a Hollywood ma siete voi le persone che possono sollecitare Hollywood a finanziare un numero sempre maggiore di film come questo. Noi spesso veniamo criticati per il tipo di film che facciamo. Qui abbiamo realizzato una storia vera, con personaggi veri. Mark e il resto del cast sono stati eccezionali così come Pete e tutta la troupe sono stati fenomenali. Ora spetta a voi.

Stai lavorando ad un nuovo progetto di David O. Russell in cui dovresti interpretare un giocatore di football divenuto prete. Cosa ti ha attirato di questo progetto?

M: Ovviamente non è l’aspetto del football che mi ha appassionato di questo progetto ma la storia nel suo complesso. Ho trovato sorprendente che questo atleta abbia sentito così forte l’esigenza di farsi sacerdote. Non volevano nemmeno ordinarlo in quanto affetto da una patologia degenerativa muscolare che lo avrebbe presto portato alla morte. Lui, nonostante tutto, nonostante il poco tempo a disposizione, è riuscito a realizzarsi e ad essere una fonte di ispirazione per molte persone. È una storia che mi ha ispirato molto e farò tutto quello che posso per realizzarla.