Il sogno di Francesco: recensione del film con Elio Germano

Quando ci si trova a dover vedere film come Il sogno di Francesco, la domanda è sempre la solita: perché rifare un film su un personaggio come Francesco d’Assisi? Non bastano le innumerevoli versioni che già sono state realizzate? A quanto pare no. I due registi Renaud Fely e Arnaud Louvet a questa domanda rispondono così:

Il XIII secolo italiano assomiglia molto all’oggi: l’esplosione delle ineguaglianze, le guerre, quasi endemiche, la concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi in un periodo di grande sviluppo di scambi commerciali, il denaro che circola sempre di più. E ancora, le città che si arricchiscono e si richiudono in se stesse, cacciando i poveri nelle periferie e nelle campagne; gli esclusi che devono lasciare il loro paese e vagare senza fine.

Possiamo dunque dire che ciò che ha convinto i due registi è stato non tanto la figura di San Francesco in sé ma la sua collocazione in un preciso momento storico. Nel film, infatti, ciò che dicono i due registi emerge chiaramente, soprattutto per l’importanza del fatto storico della riscrittura della regola da parte dei francescani.

Il film non si sofferma sulla vita di San Francesco, se non accennando velocemente la sua grave malattia agli occhi e il noto caso delle stimmate. Ciò che interessa è la contrapposizione tra le idee di pace, amore, fratellanza di Francesco e l’opposizione della Chiesa Cattolica, del tutto scostante nel riuscire a stabilire un punto di contatto con la dedizione alla povertà da lui predicata. Inoltre viene richiamato anche l’ordine femminile di Chiara e la sua amicizia nei confronti di Francesco.

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Il sogno di Francesco: recensione del film con Elio Germano

Quello che emerge da Il sogno di Francesco, è la dedizione del santo e la sua volontà nel non riscrivere nessun passaggio della regola, per non voltare le spalle a quelli che sono i principi fondamentali su cui si basa l’ordine. L’idea di base è ammirevole, purtroppo non si può dire la stessa cosa sulla messa in scena: Francesco d’Assisi, tanto dedito all’amore e alla natura, non è capace di ascoltare i consigli di alcuni dei suoi confratelli, a cominciare da Elia, unico componente pragmatico e in grado di capire quanto e come sia possibile scendere a compromessi con la Chiesta cattolica per poter continuare a operare nel migliore dei modi. Ciò che ne deriva è una caratterizzazione di Francesco d’Assisi menefreghista e incurante di qualsiasi persona voglia farlo ragionare. E tutto questo è in contrasto con la figura del Santo.

Elio Germano non basta a portare in alto le sorti di un film troppo lontano dal nostro tempo (nonostante le idee iniziali dei registi). La divisione del film in capitoli, che poteva essere una buona idea per definire i vari punti di vista dei personaggi, risulta inutile di fronte a un racconto piatto, privo di punti di riflessione sia sulla figura del Santo che su un eventuale parallelismo storico.

Il sogno di Francesco: dal 6 ottobre al cinema

Un punto a favore del film è la fotografia. L’esperienza di Léo Hinstin riesce a raccontare in immagini quello che manca alla sceneggiatura, ad esempio l’inquadratura iniziale del film non ci può che portare ad entrare direttamente ne Il cantico delle creature. Ma non è abbastanza.

Il sogno di Francesco arriva nelle sale cinematografiche italiane il 6 ottobre distribuito da Parthénos.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 0.5

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